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  • Dracula di Radu Jude: un’idea promettente, annacquata in eccessi e dispersione

Dracula di Radu Jude, presentato in concorso al Locarno Film Festival 2025, si propone come un esperimento di cinema libero, ibrido e provocatorio

L’intenzione dichiarata sembra essere quella di dissacrare il mito del vampiro più celebre e, parallelamente, riflettere sull’uso maldestro dell’intelligenza artificiale in ambito creativo. Dracula non si limita a proporre una reinterpretazione narrativa, ma ingloba linguaggi e materiali differenti: inserti visivi generati dall’IA, citazioni cinematografiche, momenti di metacinema e una struttura a capitoli che scandisce, frammenta e, purtroppo, dilata.

L’ambizione iniziale è chiara: unire satira, decostruzione e linguaggio sperimentale per creare un’opera capace di muoversi tra il cinema colto e quello popolare, tra l’ironia e la riflessione. Tuttavia, nel passaggio dall’idea alla realizzazione, il film si arena in scelte formali e narrative che ne compromettono l’efficacia.

Dracula: dissacrazione senza costruzione

L’operazione di smontaggio del mito di Dracula parte da un principio legittimo: liberare il personaggio dalle convenzioni gotiche e dalle aspettative spettatoriali. Nel film, la figura del vampiro e quella di Nina Harker vengono trasportate in un contesto che alterna situazioni anacronistiche, linguaggi volutamente grezzi e momenti volutamente ridicoli. L’intento di desacralizzazione è evidente, ma resta sospeso in un vuoto progettuale: non vi è una costruzione alternativa, nessun nuovo orizzonte simbolico in cui il mito possa rinascere trasformato.

Questa mancanza di ricomposizione dopo la demolizione crea un effetto di vuoto narrativo: il mito viene abbattuto, ma non sostituito da un’idea altrettanto forte. Il rischio, qui, è che lo spettatore non percepisca più la dissacrazione come un gesto critico, bensì come un esercizio di stile isolato.

L’intelligenza artificiale svuotata di significato

Uno dei nuclei concettuali più promettenti è il discorso sull’uso distorto dell’IA in ambito artistico. L’idea che l’intelligenza artificiale possa diventare un giocattolo estetico, piuttosto che un reale strumento creativo, è un tema di estrema attualità. Jude lo inserisce attraverso frammenti visivi generati automaticamente, combinati a citazioni e rielaborazioni.

Il problema è che questi inserti, invece di costituire un tessuto connettivo o un elemento narrativo portante, rimangono episodi isolati. Non si sviluppano né si intrecciano con il resto del racconto, perdendo progressivamente il loro potenziale. Quando vediamo la citazione poetica-filosofica che dovrebbe dare senso al tutto, il momento appare quasi come una beffa: la riflessione non si chiude, il messaggio non si consolida, e il tema — pur interessante — scivola via dalla memoria dello spettatore.

I Dracula, metacinema e trovate ripetitive

Il film è attraversato da momenti di metacinema: il regista e il produttore si rivolgono direttamente alla camera, parlando al pubblico e commentando la propria stessa opera. In teoria, questo dispositivo può stimolare complicità o ironia; in pratica, la ripetizione costante finisce per annullarne la freschezza. Dopo le prime apparizioni, l’effetto sorpresa svanisce e il meccanismo diventa prevedibile.

La stessa sorte tocca agli inserti realizzati con l’intelligenza artificiale, che in un primo momento appaiono come un elemento comico-grottesco funzionale al tono dissacrante, ma che, reiterato senza variazioni significative, si trasforma in un intermezzo meccanico. L’impressione è che, in assenza di nuovi spunti, il film si aggrappi a espedienti conosciuti, riproponendoli fino a logorarli.

Struttura a capitoli e allungamento eccessivo

La suddivisione in capitoli, formalmente elegante, è uno degli aspetti più problematici dell’opera. Ogni capitolo introduce e chiude un frammento, ma non porta un vero avanzamento narrativo. Anzi, spezza il ritmo e dilata la percezione del tempo.

In un film di 170 minuti, questa struttura può facilmente diventare un ostacolo: invece di orientare lo spettatore, lo costringe a continue ripartenze, frammentando l’attenzione. Molte sequenze si protraggono oltre il necessario, a volte più per compiacimento formale che per reale esigenza narrativa.

Trama principale e riuso di materiale

La trama di base — Dracula e Nina Harker in fuga da gruppi di inseguitori — è lineare, ma subisce un trattamento che ne impoverisce la dinamica. Appaiono sempre gli stessi personaggi secondari, anche in momenti che dovrebbero essere ambientati in contesti differenti. Alcune scene danno l’impressione di riutilizzare il medesimo girato più volte, con minime modifiche, per simulare situazioni distinte.

Se questa scelta fosse dichiaratamente stilistica, potrebbe essere letta come una riflessione sulla ripetitività e sul riciclo di materiali nella cultura pop. Tuttavia, qui il riuso appare come un espediente poco integrato, che finisce per dare l’impressione di un impoverimento produttivo e narrativo.

Passando per il Nosferatu di Murnau: bello, ma fuori contesto

Tra le citazioni cinematografiche, spicca il richiamo a Murnau e alla manipolazione di Nosferatu. È una sequenza visivamente meno aggressiva rispetto ad altri momenti rieditati, perciò si distingue nel flusso caotico del resto del film. Tuttavia, è una sequenza solitaria che rimane estranea: in un’opera costruita per dissacrare, il suo significato solo quello di “omaggio irrispettoso”. Le sequenze di Murnau, senza un preciso legame con la linea tematica, rischiano di apparire come un elemento decorativo isolato, una sorta di easter-gg.

Le reazioni a Dracula in sala

Durante la proiezione a Locarno, il pubblico ha reagito in modo netto: una parte ha abbandonato la sala prima della fine, un’altra è rimasta, ma con una percezione più vicina a una prova di resistenza che a un’esperienza cinematografica appagante. Ci sono state fragorose risate, come a una proiezione di Scary Movie. Questo tipo di frattura testimonia la natura divisiva del film: per alcuni un’opera di libertà radicale, per altri un esercizio di autoindulgenza privo di sintesi.

Conclusione

Dracula di Radu Jude è un’opera che parte da intuizioni interessanti (la dissacrazione del mito, la satira sull’IA, il gioco metacinematografico) ma si perde in un impianto dispersivo. La durata eccessiva, la ripetizione di espedienti e il riuso di materiale minano la forza delle singole intuizioni. Alcune sequenze restano memorabili per la loro incisiva rozzezza (vedi Popeye the Sailor Man, chi ha visto o vedrà, capirà); il problema è che non trovano una collocazione organica all’interno del disegno complessivo.

Il risultato è un film che chiede molto tempo e molta pazienza allo spettatore, senza restituire in cambio una visione altrettanto ricca e coesa.

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